Il metodo classico (o champenoise, che prende nome dalla regione francese dello Champagne) è un processo di produzione di vino spumante che consiste nell'indurre la rifermentazione in bottiglia dei vini attraverso l'introduzione di zuccheri e lieviti selezionati (liqueur de tirage). In questo modo il vino acquisisce la tradizionale pressione (visibile sotto forma di bollicine) garantita dall'anidride carbonica prodotta dalla seconda fermentazione (presa di spuma) avvenuta in bottiglia. Dopo un periodo di riposo avviene la fase del remuage: le bottiglie sono disposte su appositi cavalletti (pupitre) che tengono il collo più in basso rispetto al fondo della bottiglia; la continua rotazione della stessa fa depositare le fecce dei lieviti esausti (che sono stati prodotti dalla fermentazione in bottiglia) sul tappo. L'ultima fase della lavorazione (degorgement) consiste nel gelare il vino contenuto nel collo della bottiglia e nel togliere il tappo in modo che il deposito fuoriesca spinto dalla pressione. A questo punto il vino viene rabboccato con uno sciroppo di vino e zucchero (liqueur d'expedition). La quantità di zucchero del composto determina le caratteristiche dello spumante, da demi-sec a extra-brut. Qualora non si introduca il liquer d'expedition ma lo stesso vino, si ha uno spumante pas dosé, particolarmente secco. Lo spumante viene chiuso con il tradizionale tappo a fungo e con una gabbietta metallica che evita che il tappo, sottoposto a una pressione di 5 atmosfere, fuoriesca.
Metodo Martinetti-Charmat
Fu il casalese Federico Martinotti, direttore per l’Istituto Sperimentale per l’Enologia di Asti, ad inventare negli anni venti il metodo di rifermentazione controllata in grandi recipienti, poi adottato dal francese Charmat.
Il Metodo Martinotti permette di ottenere spumanti, spesso dolci, dalle caratteristiche note fruttate, per mezzo di recipienti a tenuta stagna tipo autoclave. Questo metodo ha trovato diffusione poiché risulta più veloce ed economico rispetto al metodo classico o metodo champenoise.
Il francese Eugène Charmat intorno al 1910 costruì e brevettò tale attrezzatura, da qui il doppio nome, metodo Martinotti-Charmat. In sostanza il metodo prevede una seconda fermentazione del vino in grandi contenitori, di solito in acciaio, presurizzati, le autoclavi appunto. Questa la differenza principale dal metodo Champenoise in cui la fermentazione viene effettuata in bottiglia.
Come per il metodo classico l'enologo stabilisce un assemblaggio con i vini a disposizione, il vino viene chiarificato a basse temperature ed è pronto per essere messo nelle autoclavi dove è stata preparata la base dei lieviti selezionati con aggiunta di zuccheri e di sali minerali per favorirene l'attività.
La fermentazione che si svolge è rapida, in genere intorno agli 80 giorni (30 se l'autoclave è dotata di agitatori); una qualità migliore si ottiene prolungando tale periodo di permanenza sui lieviti. Lo spumante viene poi passato in un'altra autoclave tramite filtrazione in ambiente isobarico, cioè in sovrapressione per evitare perdite anidride carbonica.
Lo spumante viene sottoposto ad una temperatura di rifrigerazione bassa che provoca la precipitazione dell'acido tartarico, quindi viene nuovamente filtrato sempre in condizioni di temperatura costante; e sempre in tale maniera viene imbottigliato e tappato. I tappi usati possono essere, oltre ai prestigiosi tappi di sughero come il metodo classico, anche dei tappi di plastica in quanto il prodotto viene consumato in breve tempo.
Con tale sistema non tutta l'azione dei lieviti viene svolta, infatti un residuo zuccherino maggiore del metodo classico rimane, proprio per la velocità del metodo il quale fine, come già detto, è quello di velocizzare le operazioni di spumantizzazione. Il prodotto risulta più fresco, ovvero più acido e con maggior effervescenza e spuma, elementi che ci fanno percepire quindi meno dolcezza.
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